cantatriceLa cantatrice calva di Eugène Ionesco (Bucarest, 1912 – Parigi, 1994), definita dallo stesso autore una “tragedia del linguaggio” è un’opera di antiteatro, dove la trama non esiste e le scene si srotolano nell’apoteosi di un linguaggio disarticolato e deprivato del suo significato originario.

Vere protagoniste sono le parole, che si compongono in frasi sconnesse e banali, generano slogan, non-sense, denunciano con ferocia conformismo e impossibilità di comunicare della società borghese, determinano il ritmo frenetico della pièce fino alla schizofrenia finale, al suicidio del senso, al trionfo del luogo comune.

È così che il testo diventa pre-testo, luogo di sperimentazione, zona franca e aperta, tentazione irresistibile, laboratorio perfetto. Per questo motivo lo abbiamo scelto, lo abbiamo utilizzato per metterci alla prova, per farci sorprendere e per farci inquietare.

La scena si svolge in un salotto inglese, in cui due coppie di coniugi i Signori Smith e i Signori Martin trascorrono la serata tra le effervescenti apparizioni della cameriera Mary e l’improvvisa comparsa di un indomito eroe-pompiere.

In questa messa in scena tutti gli elementi hanno pari valore e dignità. I personaggi privi di profondità e psicologia,non comunicano tra di loro né comunicano al pubblico, il quale viene intrattenuto e distratto da due oggetti di scena invadenti, le pendole, che ricordano ai personaggi lo scorrere del tempo e le azioni da compiere, quasi fossero automi da fare agire a comando. Questa sistematica azione di disturbo, operata anche attraverso le incursioni musicali sottolinea al pubblico l’inutilità delle parole dette e delle azioni sceniche, suggerisce un presa di distanza, chiede un atteggiamento critico.

Quest’opera di Ionesco fu presentata per la prima volta nel 1950 al Théatre de Noctambules di Parigi. Fu un fiasco.

Raffaella Grimaudo